La contrapposizione respingere e accogliere i profughi taglia trasversalmente le classi sociali. Il fronte rumoroso di chi propugna i respingimenti avanza ovunque, sotto la guida di partiti di estrema destra o fascisti, ma anche nelle maggioranze di centro e centrosinistra che ne adottano le politiche nel tentativo di trattenere i loro elettori: l’accordo con la Turchia o le barriere dal Brennero a Ventimiglia lo dimostrano. Dall’altra parte, migliaia di volontari, comitati e reti si sono mobilitati per soccorrere i profughi al loro arrivo o nella vita quotidiana: sono la parte attiva di uno schieramento molto più vasto, ma senza voce.
A nessuno di questi due schieramenti è stato chiesto di fare i conti in pubblico con le conseguenze delle sue posizioni. Fare dell’Europa una fortezza, respingere i profughi verso i paesi da cui fuggono, significa riconsegnarli alla miseria e alle guerre, moltiplicarle, e rendere quelle regioni ancora più inabitabili, non solo per loro, ma anche per noi. Ma anche trasformare l’Europa in una caserma per i cittadini autoctoni e in una prigione per quelli immigrati. Viceversa, per accogliere bisogna creare un futuro tra noi a milioni di persone destinate a rimanere in Europa per anni o per sempre. Ne abbiamo bisogno: per motivi demografici, economici e soprattutto culturali. Ma vuol dire adoperarsi perché abbiano tutti una casa, un lavoro e un reddito decenti, una scuola dove mandare i figli, cure mediche adeguate; ma soprattutto una rete di rapporti sociali costruiti sull’incontro tra culture diverse. Tutto ciò che le politiche di austerità stanno negando anche a un numero crescente di cittadini europei, su cui fanno anche ricadere il peso di una gestione irresponsabile e criminale dei profughi, alimentando così i rancori e la rabbia di cui si nutre la destra.
Per contrastare con i fatti il cinismo e i rancori alimentati dalle destre occorre fare dell’accoglienza il progetto di un cambiamento radicale delle politiche e degli assetti dell’Europa; costruendo, a partire dall’iniziativa e dalle esperienze di chi già oggi è impegnato ad accogliere, ma soprattutto da un senso di umanità a cui non possiamo rinunciare, perché ne va della nostra stessa dignità, un programma politico capace di opporre all’economia del debito e all’austerità che ci imprigiona tutti, la conversione ecologica: la creazione di milioni di posti di lavoro per produrre, con meno fatica per tutti e meno sperperi, cose utili in campo energetico, in agricoltura, nell’edilizia, nei trasporti, nella gestione dei rifiuti. Per contrastare i cambiamenti climatici e le devastazioni ambientali, che sono la vera origine delle guerre che spingono tanti esseri umani a cercare rifugio tra noi. Attività che permettano loro anche di organizzarsi e operare per riportare la pace e la sostenibilità nei paesi che hanno dovuto abbandonare. Creando così una Europa capace di includere coloro che sono arrivati, e continueranno ad arrivare tra noi, rivendicando il più elementare e dei diritti: quello di vivere.
Pubblicato su Left del 14 maggio
[Foto di Roberto Pili, marcia delle donne e degli uomini scalzi]
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